Revisione contratto affitti negozi
Pubblico un articolo molto interessante in questo momento per i nostri clienti negozianti ed aziende in genere.
Dal quotidiano IL SOLE ORE di oggi 06/04/2020 a cura di Augusto Cirla
Il conduttore può chiedere di rinviare il pagamento senza interessi o penalità
È consigliabile trattare la riduzione dei canoni almeno fino alla riapertura
Iniziano a manifestarsi i segnali della grave crisi economica che il Covid-19 sta provocando in tutta Italia. Tra questi le difficoltà di molti a far fronte al pagamento dei canoni di locazione. Un problema che accomuna chi ha dovuto, perché obbligato, chiudere l’esercizio commerciale o sospendere l’attività a chi si è trovato improvvisamente (e incolpevolmente) senza lavoro o introiti professionali.
Il coronavirus rappresenta un evento di forza maggiore che sta imponendo a entrambe le parti, locatore e conduttore, l’obbligo di ragionare sulle sorti future del contratto, che in molti casi non potrà proseguire alle medesime condizioni.
L’iniziativa spetta al conduttore, essendo lui il primo interessato a trovare soluzioni che possano soddisfare le sue nuove mutate esigenze. Innanzitutto, prima di prendere in considerazione le possibilità offerte dalla legge per far fronte alla situazione, è opportuno che il conduttore contatti il locatore per valutare con lui la migliore soluzione. È infatti da escludere che il conduttore possa sospendere il pagamento dei canoni di locazione: si tratterebbe di una decisione arbitraria, che giustificherebbe azioni drastiche da parte del locatore.
Il conduttore potrebbe invece chiedere al locatore di prorogare la scadenza del pagamento, senza addebito di interessi o di altre penalità. Tale istanza trova peraltro supporto nella legge: l’articolo 1256 del Codice civile, trattando dell’impossibilità temporanea della prestazione dovuta a obiettivi impedimenti, esonera il debitore da ogni responsabilità sino a quando cesserà l’impedimento. Le parti possono quindi concordare una proroga solo per un determinato periodo, decorso il quale verrà eseguito il versamento del dovuto.
La durata dell’emergenza Covid-19 non è per il momento prevedibile e, di conseguenza, per chi è in difficoltà a causa dell’allarme può non essere facile ottemperare in tempi brevi all’obbligo del pagamento.
In alternativa, il conduttore può richiedere la riduzione del canone per tutto il periodo in cui resteranno in vigore le limitazioni imposte all’apertura degli esercizi pubblici o alla ripresa delle attività.
È probabile però che le conseguenze della crisi non cesseranno con la fine dell’emergenza sanitaria. Commercianti, artigiani e imprenditori potrebbero dover fare i conti nell’immediato futuro con capacità reddituali ridotte, incompatibili con i canoni concordati prima del Covid-19. Potrebbe quindi essere opportuno pattuire con il locatore già da oggi una definitiva riduzione del corrispettivo della locazione: o fino alla scadenza legale del contratto in corso, o con la stipula di un nuovo contratto. Anche questa richiesta avanzata dal conduttore trova fondamento nella legge: l’articolo 1467 del Codice civile, che prevede la possibilità di domandare la risoluzione del contratto se è diventato troppo oneroso per avvenimenti straordinari e imprevedibili, va a ben vedere in soccorso del locatore, consentendogli di offrire migliori condizioni per mantenere in vita il contratto.
Dato l’attuale momento critico, non è consigliabile per i locatori respingere le proposte “di soccorso” che provengono dai loro conduttori. Il rischio, infatti, è di ritrovarsi con un immobile sfitto, per cui comunque occorre pagare imposte e spese condominiali. Inoltre, potrebbe non essere così facile trovare un altro conduttore alle stesse condizioni contrattuali.
D’altro canto, se i locatori rifiutano la trattativa, non è detto che basti a evitare la richiesta di risoluzione da parte del conduttore il solo credito d’imposta pari al 60% del canone di marzo (previsto dall’articolo 65 del Dl 18/2020 per i soli locali in C/1 e, secondo la circolare 8/E di venerdì scorso, condizionato al pagamento del canone). Tutto ciò al netto di eventuali altri interventi con l’annunciato “decreto Aprile”.
Resta il problema degli immobili residenziali, per i quali non si può facilmente scegliere di risolvere il contratto: o si ristabilisce consensualmente tra le parti l’equilibrio contrattuale rovinato, o saranno indispensabili altri provvedimenti governativi.
Sì al recesso per gravi motivi se non si trova un accordo
La crisi da coronavirus è evento di forza maggiore imprevedibile e inevitabile
I commercianti, gli imprenditori e gli artigiani costretti a chiudere dai provvedimenti governativi e quindi in difficoltà a pagare il canone possono decidere di recedere dal contratto per gravi motivi. È una possibilità estrema, da utilizzare se le trattative con il locatore per il rinvio o la riduzione del canone non vanno a buon fine.
Il conduttore di un immobile a uso diverso dall’abitazione ha infatti la facoltà di recedere dal contratto in ogni momento durante il corso della locazione in presenza di gravi motivi. Tale facoltà gli spetta anche se non è prevista nel contratto di locazione, che potrebbe anche escluderla. Per esercitarla occorre inviare al locatore, almeno sei mesi prima della data alla quale il recesso dovrà avere effetto, un preavviso che indichi i gravi motivi, a pena di validità del recesso stesso (articolo 27 legge 392/1978).
I gravi motivi devono essere determinati da avvenimenti estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili alla sottoscrizione del contratto e dunque sopravvenuti, al punto da rendere estremamente difficoltosa la prosecuzione del contratto. I fatti devono presentare una connotazione oggettiva, non possono cioè dipendere da una unilaterale valutazione del conduttore circa la convenienza o meno di continuare il rapporto. In altri termini, il requisito dell’estraneità implica che il comportamento deve essere consequenziale a fattori obiettivi e peraltro non volontari (Cassazione, 5803/2019).
Così, il recesso anticipato del conduttore non può essere giustificato da fatti preesistenti alla conclusione del contratto e già da lui al tempo conosciuti o comunque conoscibili.
Le interpretazioni da parte dei giudici dei “gravi motivi” non sono state univoche: ad esempio, è stato configurato grave motivo l’eccessiva onerosità nel proseguimento della locazione in relazione alla situazione economica complessiva del conduttore (Cassazione, 23639/2019) o all’eventuale necessità di quest’ultimo di modificare la propria struttura aziendale (Cassazione, 6090/2006), mentre altrettanto non è stato riconosciuto a un conduttore che, per motivi economici, aveva necessità di trasformare la propria attività d’impresa per mera convenienza (Cassazione, 5328/2007).
La legge tutela dunque l’ipotesi in cui interviene, da un lato, uno squilibrio tra le prestazioni, non previsto al momento della conclusione del contratto e, dall’altro, la riconducibilità di tale squilibrio a eventi straordinari e imprevedibili, che non rientrano nell’ambito della normale alea contrattuale. Il Covid-19 può rappresentare un evento di forza maggiore in presenza del quale, in quanto imprevedibile e inevitabile, può trovare giustificazione e accoglimento la facoltà concessa al conduttore di recedere dal contratto di locazione. Si può infatti addurre, quale grave motivo, il carattere di straordinarietà oggettiva del fenomeno, tale da rendere notevolmente gravosa la prosecuzione del contratto: sempre che questo sia stato stipulato prima dei provvedimenti governativi di “serrata”.
Soccorre peraltro a sostegno di simile ipotesi, seppur con caratteristiche diverse, l’articolo 1256 del Codice civile, secondo cui l’obbligazione si estingue quando, per motivi non imputabili al debitore, la prestazione diventa impossibile. Così, se l’attività del conduttore non è più in grado di riprendersi al temine della pandemia, diventa per lui impossibile sostenere i canoni e quindi legittimamente può recede dal contratto o risolverlo.
Al locatore interessato a mantenere il contratto, resta in ogni caso l’alternativa ex articolo 1467 del Codice : offrire al conduttore un’equa modifica delle condizioni del contratto, sempre nei limiti segnati dal criterio della ordinaria diligenza e buona fede.