Gli effetti del COVID-19 sui contratti

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Edoardo Rivola

effetti dei provvedimenti COVID-19 sui contratti con clienti e fornitori.

I provvedimenti emanati dal Governo per fronteggiare L’emergenza COVID-19, hanno portato a conseguenze pesanti sulla operatività aziendale.
Lo Studio Rivola e alla Rete professionale Compliance Network di cui è partner, ha istituito un team dedicato all’approfondimento dei riflessi dei provvedimenti governativi su ambiti diversi da quello fiscale, ampiamente e autorevolmente presidiato dai colleghi, concentrandosi su quelli “core” rispetto ai quali abbiamo impostato, come di consueto, il nostro lavoro, svolgendo un ruolo complementare a quello del Commercialista tradizionale con cui collaboriamo da sempre.
Riteniamo pertanto di fare cosa gradita evidenziando di seguito quelli che sono gli effetti sui rapporti con clienti e fornitori dei decreti ministeriali che hanno disposto la sospensione delle attività di impresa non ritenute “essenziali”, limitando nel contempo l’operatività di quelle che invece possono continuare a produrre.

Contratti con i clienti

Una prima riflessione riguarda le imprese la cui operatività si trova ad essere formalmente sospesa, non rientrando in nessuna delle predette categorie e che si trovano nella oggettiva impossibilità di far fronte agli impegni contrattuali assunti.
In tali circostanze la mancata esecuzione della prestazione nei termini contrattualmente stabiliti dipenda dai divieti emanati dal Governo, sopravvenuti e imprevedibili alla data della commessa. Fermo restando che si tratta di ipotesi di inadempimento questo tuttavia discende da causa non imputabile all’impresa ed è pertanto applicabile l’art. 1218 del Codice Civile che esclude qualsiasi forma di risarcimento del danno.

In posizione sostanzialmente assimilata si trovano quelle imprese che, pur svolgendo attività consentite in base ai citati provvedimenti, hanno subito un notevole ridimensionamento produttivo dovuto alle difficoltà dell’approvvigionamento oppure quale conseguenza dell’applicazione dei rigidi protocolli di sicurezza sul lavoro.
Anche in tali circostanze non possiamo che ritenere escluso il rischio di  risarcimento danni anche se occorre superare la presunzione di colpevolezza dell’inadempimento, nei termini di quanto disposto dall’art. 91 del D.L. 17 marzo 2020 (c.d. “Cura Italia”), che stabilisce: “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto e’ sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.

Quanto all’ipotesi che i predetti provvedimenti, con gli effetti sopra illustrati, possano altresì tradursi nella definitiva risoluzione contrattuale va precisato che questo effetto non è espressamente disciplinato e dunque trova applicazione l’art. 1256 del Codice Civile, che disciplina l’impossibilità sopravvenuta,  definitiva o temporanea, della prestazione derivante da evento esterno ed imprevedibile secondo l’ordinaria diligenza.

Nel nostro caso siamo ovviamente di fronte ad una impossibilità temporanea pertanto, ai sensi del citato art. 1256 del Codice Civile, il rapporto verrebbe ad estinguersi solo laddove l’impossibilità perduri fino a quando colui che ha diritto a ricevere la prestazione (ossia il cliente dell’impresa, nel caso esaminato) non avrà più interesse a conseguirla.
Tale potrebbe essere il caso della fornitura di beni o servizi da impiegare per la realizzazione di prodotti la cui produzione a sua volta sconta delle scadenze contrattuali o dettate dal mercato (beni “stagionali”) che determinerebbe, appunto, il venir meno dell’interesse del cliente al proseguimento del rapporto contrattuale.
Da quanto ci viene riferito, tale fattispecie si sta frequentemente verificando nella pratica, con molteplici richieste di “annullamento” provenienti dall’estero, e grave nocumento per le imprese che, in vista dell’evasione degli ordini, già hanno sostenuto ingenti costi, specie per l’approvvigionamento di materie prime non sempre riutilizzabili.

Questo è uno dei casi più impattanti per le imprese, le quali potrebbero aver nel frattempo sostenuto costi anche ingenti per la realizzazione della commessa oggi divenuta “impossibile”.
Per tale ipotesi, oltre ad una difesa basata sull’effettivo venir meno dell’interesse del cliente a proseguire il rapporto contrattuale, non si può escludere che la situazione di pacifica “eccezionalità”, possa essere valutata, giudizialmente, per sostenere l’applicazione degli art. 1374 e 1375 c.c. che prevedono, sulla base del principio di correttezza e buona fede, la ripartizione del rischio d’impresa tra cliente e fornitore, cosicché anche il primo sia di fatto obbligato a farsi, in parte, carico delle spese sostenute in anticipo rispetto all’evasione dell’ordine ricevuto di cui il cliente era senza dubbio edotto.

Nel caso in cui invece alla data in cui il lock down è stato disposto dal Governo lo stato di realizzazione della commessa fosse già avanzato, tale da consentire la sua evasione parziale, sorgerebbe il diritto all’ottenimento del corrispettivo per la parte di commessa realizzata il che potrebbe suggerire come soluzione una proroga dei termini contrattuali.
Con espresso riferimento agli appalti, ai sensi dell’art. 1664 del Codice Civile, il diritto dell’appaltatore ad ottenere una risoluzione contrattuale o una revisione del prezzo è condizionato ad aumenti di costi in misura tale da imporre un aumento del prezzo complessivo pattuito, purchè superiore ad un decimo. Da questo punto di vista per ottenere l’applicazione di tale opzione occorrerebbe dimostrare che il prezzo delle materie prime ha fatto registrare un aumento  in ragione della situazione di emergenza COVID-19.

Contratti con i fornitori

Relativamente ai rapporti con i fornitori, laddove l’attività svolta  rientri tra quelle sospese, valgono le medesime considerazioni riportate nel paragrafo precedente. Nel caso dell’impresa che ha effettuato l’ordine, trovandosi nella sopravvenuta impossibilità di utilizzazione delle forniture nell’ambito della propria attività risulterebbe pertanto da escludere il risarcimento, mentre il rapporto potrà risolversi solo nel caso in cui impresa non abbia un interesse, qualificato a dimostrabile, a ricevere la commessa oltre il termine pattuito originariamente.

Tale principio, elaborato dalla giurisprudenza con riferimento alla mancata fruizione di pacchetti turistici è suscettibile di essere applicato anche ad altri ambiti aziendali, purchè l’impossibilità di utilizzazione della fornitura risulti definitiva ed insuperabile anche in futuro da parte dell’impresa.

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